Un cavallo per volare
Vivere l’handicap non significa solo vivere un disagio funzionale, bensì subire tutte le conseguenze derivate da una diminuita vita di relazione. Ne consegue che in un bambino basta un deficit fisico, motorio o sensoriale, per limitare l’esperienza-conoscenza e provocare inevitabilmente un ritardo o comunque un rallentamento del processo evolutivo. Quindi, se l’ambiente con le sue sollecitazioni è determinante per l’apprendimento di ciascun individuo, è quanto mai indispensabile che al bambino handicappato, già limitato nelle sue capacità di comunicare e di interagire, si garantisca un ambiente ricco di stimolazioni compensative e alternative tali da incentivare al massimo l’iniziativa e il protagonismo.
Ad esempio fare un esercizio di estensione del braccio non è una terapia passiva se c’è un oggetto da afferrare che, con la forza della motivazione, costringa a organizzare il movimento e ad esercitare una capacità decisionale.
È proprio in questo ambito che tra le varie strategie rieducative trova la sua ragione d’essere l’ippoterapia, cioè una tecnica riabilitativa che sceglie il cavallo come oggetto mediatore, come oggetto-stimolo alla strutturazione del comportamento.
Si tratta di una terapia integrativa che, non esordendo e non sostituendo le altre tecniche, offre una pluralità di vantaggi:
- condizioni di recupero in un ambiente non medicalizzato;
- percezione del proprio corpo e delle potenzialità residue attraverso l’adattamento agli impulsi sinusoidali trasmessi dal cavallo;
- diversa dimensione dello spazio;
- autonomia di movimento permessa non dalla consueta carrozzina, l’inanimato e frustrante mezzo di locomozione che solo gli invalidi usano, ma dal cavallo, un simbolo di efficienza e soprattutto una realtà che vive, che esige un rapporto dinamico, che costringe a conoscere e a riconoscere la propria identità.
In breve una metodologia globale, e pertanto tale da attivizzare l’individuo nel suo complesso psicosomatico, che si sta diffondendo con successo in varie città italiane.
In Ancona si sta sperimentando l’ippoterapia da oltre un anno per iniziativa dell’ANIRE — Associazione Nazionale Italiana Rieducazione Equestre— nella persona dell’ing. Paolo Beer, presidente anche del gruppo ippico anconetano, e della Croce Rossa, che ha messo a disposizione l’equipe degli specialisti: S.Angelelli e G.Poggianti, medici; F.Manzotti, terapista della riabilitazione, M.T.Giglio e I. Bordoni, infermiere; W. Beer, ispettrice IIVVCRI.
I disabili attualmente assistiti sono otto, con un’età media di dodici anni e handicaps di vario genere, fisici e psichici.
A questo punto se è vero che è già una promessa sicura di recupero la gioia che un bambino, reso inespresso dalla tetraparesi, manifesta attraverso la mediazione di una carota che è “per il suo cavallo”, non solo è autorizzata, ma anche doverosa l’animosità sorpresa dell’obiezione: “Perchè solo otto gli handicappati che usufruiscono dell’ippoterapia?” E la risposta è disarmante quanto sconcertante.
Si tratta di una tecnica rieducativa che ancora cerca un riconoscimento ufficiale, che viene offerta gratuitamente, che può contare solo sullo slancio del volontariato. E il prestito del tempo libero, delle energie e delle specifiche competenze, seppure generoso, non basta per accogliere e soddisfare le necessità di quanti soffrono l’handicap.
Così c’è solo da sperare che anche in Ancona, come in altre città, l’ippoterapia trovi una sua convenzione nell’ambito della struttura sanitaria pubblica. Intanto, non è male informarsi un pò, magari leggendo “Rieducare con l’equitazione” di De Lubersac e Lallery, ed. Igis.
Rita Bigi Falcinelli
1984 – Un cavallo per volare (4.67 MB)