Educazione alla Solidarietà
Come l’ educazione non è l’equivalente dell’istruzione così la solidarietà non è l’equivalente della carità. Questa mia piccola partecipazione all’attività della missione di Assam e Meghalaya di padre Bastin rientra in un vero e proprio Progetto di Cooperazione per la Promozione Umana.
Solitamente quando ci si prefigge uno scopo di solidarietà si mettono subito in atto due iniziative: divulgazione del problema per sensibilizzare l’opinione pubblica e allestimento di mostre mercato, cene, spettacoli per raccogliere i fondi da devolvere a….
Ma in tale contesto facilmente s’innesca la perversa logica del dovere-diritto. Chi si trova dalla parte di chi avrebbe il dovere di dare, si stanca delle continue richieste e si irrita di fronte alle sollecitazioni che è costretto a subire, chi si trova dalla parte di chi avrebbe il diritto di avere, può sviluppare dipendenza e passive aspettative.
E le due parti, il nord e il sud del mondo, al di là degli aiuti, che spesso vengono anche elargiti senza rispettare la cultura e la dignità di chi li riceve, rimangono estranee l’una all’altra. A interventi del genere manca la struttura fondante, cioè l’obiettivo educativo. Se si rimane a livello della conoscenza, cioè della istruzione, si fa carità e non si promuove la solidarietà.
La carità non è altro che la degradazione della caritas. La carità, intesa questa come atto concreto di aiuto, rappresenta la ricaduta spontanea, e non dovuta, di un moto d’amore, cioè caritas, sviluppatosi come crescita interiore. Senza caritas, che non va scambiata nemmeno con la pietà, si fa semplicemente della carità, vale a dire una elemosina priva di anima, e quand’anche questa dovesse risolvere un problema contingente, sarebbe comunque incapace a sviluppare vera promozione umana.
Pertanto la solidarietà va coltivata direttamente nel cuore dell’uomo mediante strategie educative che facciano “e-ducere” cioè portar fuori ciò che sta dentro. E dentro c’è amore, anche se a volte, a profondità abissali.
Partendo dal presupposto che non c’è vera crescita se gli uomini non crescono insieme, come non c’è cooperazione senza un’operazione comune per un obiettivo comune, si propone la pratica del RI-SVEGLIO ovvero della CONSAPEVOLEZZA che continuamente si rinnova.
Ecco una pratica semplice da realizzare in qualsiasi contesto, in famiglia, a scuola in un qualsiasi intervallo dalle attività del giorno.
I 4 passi del risveglio: Una monetina per aprirsi alla BELLEZZA
- L’atto del ri-conoscere:
al mattino appena sveglio mi rendo consapevole che mi sono svegliato e dico GRAZIE alla vita. Lo svegliarsi indica una nuova opportunità per essere PRESENTE al presente. - L’espansione della coscienza:
insieme a me si stanno svegliando o stanno per addormentarsi tanti altri uomini, vicini e lontani. Non sono solo. Socializzo idealmente con tutti i miei compagni di vita per attraversare le difficoltà in “cordata”. Maturo anche la consapevolezza che tanti non ce l’hanno fatta a risvegliarsi e li accompagno con un pensiero. - La progettualità:
affermo il progetto di costruire un giorno di bellezza con pensieri puliti, parole pulite, azioni pulite. - La realizzazione:
concretizzo l’adesione a tale proponimento con un gesto e lascio cadere in una ciotola una moneta che deve sempre essere dello stesso valore. Quand’anche non riuscissi ad attuare il progetto della bellezza, avrò l’opportunità sia di riconoscermi responsabile della bruttezza che costruisco sia di imparare a perdonarmi
NEL FRATTEMPO
Il riempirsi della ciotola mi darà il senso concreto del mio avanzare nella via della BELLEZZA.
Quanto raccolto verrà inviato in India alla missione del cappuccino padre BASTIN dove i bambini della giungla avranno una possibilità di vita migliore.
Tempo di attuazione: 5 minuti tutti i giorni. Il successo dipende dalla costanza.
NOTA
La pratica del “risveglio” potenzia l’attenzione e la concentrazione, sviluppa l’attività immaginativa mediante la tecnica della visualizzazione , rafforza la memoria, educa al silenzio interiore.